Giottiline, avanti tutta
Il brand italiano del gruppo Rapido è riuscito nell’impresa di continuare a crescere anche in un anno difficile come il 2022. Merito di un’attenta pianificazione e della scelta di sfruttare a fondo anche la piattaforma PSA Citroën. Alessandro Barbagallo, Sales Manager, racconta come sono state vinte le sfide di questi ultimi mesi e di come la casa toscana sia salita sul podio del mercato italiano
Testo di Paolo Galvani, foto Antonio Mazzucchelli
Giottiline è un nome ben noto sul mercato italiano. Nata nel 2004 dalla spinta e dall’estro creativo della famiglia Giotti, nel corso degli anni ha dovuto affrontare fasi di cambiamento notevoli, passando dall’acquisizione di PLA e di conseguenza entrando a far parte del gruppo francese Rapido. Qui l’azienda toscana ha dovuto trovare la sua dimensione, che si è tradotta nella proposizione di veicoli con un ottimo rapporto prezzo/prestazioni e in una particolare focalizzazione su mezzi dalle dimensioni contenute. Di questo e altro abbiamo parlato con Alessandro Barbagallo, Sales Manager di Giottiline, responsabile di tutti i mercati in cui l’azienda opera.

Come siete strutturati a livello europeo per quanto riguarda le vendite?
Alessandro Barbagallo: A parte la nostra attività diretta in Italia, abbiamo quattro persone che si occupano dall’interno di tutti i paesi europei, oltre a un agente dedicato a Spagna e Portogallo.
La Germania come sta andando? Per voi è un mercato rilevante?
Alessandro Barbagallo: Per noi è il primo mercato, a livello di numeri, ma abbiamo altre realtà importanti. Nell’ordine: la Germania è il primo paese, la Spagna è il secondo, terza la Francia e quarta l’Italia. La volontà del gruppo Rapido è che ogni brand debba cercare di massimizzare la penetrazione innanzitutto nel mercato di origine, quindi uno degli obiettivi di Giottiline è quello di affermarsi sempre di più nel nostro Paese. Oggi siamo comunque tra i primi tre brand in Italia, mi riferisco ai dati sull’immatricolato degli ultimi mesi del 2022, cioè a fiere nazionali concluse. Lo stesso accade in Spagna, dove siamo tra i primi tre/quattro marchi, e stiamo crescendo negli ultimi due anni notevolmente in Francia. Avremmo potuto fare di più, ma la disponibilità ridotta di meccaniche non ce lo ha permesso.
Già prima del Covid eravamo un’azienda in crescita, sia in valore assoluto sia come penetrazione in ciascun mercato. La pandemia ha un po’ falsato le regole del gioco, ma tutto sommato noi siamo tra le aziende italiane che sicuramente hanno risentito meno della crisi delle meccaniche. Abbiamo avuto fermi di produzione veramente limitati e gli ultimi risalgono a oltre un anno fa. Abbiamo dovuto rallentare per allineare la produzione con gli arrivi delle meccaniche, ma siamo stati in grado di non fermarci mai. Questo credo sia stato visto e apprezzato anche dai nostri concessionari.
In questi due anni c’è stata una corsa al rialzo dei prezzi. La situazione ora si è stabilizzata o prevedete che cresceranno ancora?
Alessandro Barbagallo: Non pensiamo che i livelli di crescita possano rimanere gli stessi, anche perché vorrebbe dire quasi uccidere un mercato che negli ultimi anni ha preso coscienza della propria solidità. Questo aumento indiscriminato, specialmente delle meccaniche, credo abbia portato qualche veicolo fuori prezzo, qualche marchio a rivedere i propri posizionamenti, perché non è che cresce solo il costo della meccanica o della materia prima, ma anche tutto quello che ci gira intorno, a partire dai costi di produzione, come l’energia, fino ai servizi di finanziamento. Se una famiglia aveva intenzione di lanciarsi nell’acquisto con un budget “X” e ora si ritrova a X+20% la cosa comincia a diventare complessa.
Pur rimanendo un brand entry-level, anche i vostri prezzi sono aumentati. Questo ha cambiato la tipologia di clientela? Le persone che puntavano a questo segmento sono riuscite a far fronte all’aumento di prezzo o invece oggi ci sono nuovi clienti che si affacciano al settore?
Alessandro Barbagallo: Sono assolutamente nuovi clienti, che secondo me non hanno la consapevolezza del valore di un veicolo: non possono fare raffronti perché due anni fa non sapevano cosa fosse un camper. Hanno preso coscienza che questo veicolo può essere un mezzo per effettuare un tipo di vacanza diverso, che è stato analizzato in questo periodo, dal Covid in poi. È una cosa che prima magari non avevano preso in considerazione, e quindi si avvicinano a questo mondo partendo da fiere, riviste, Internet… Il cliente che arriva è abbastanza informato, ma non sa che cosa vuole perché trova una miriade di proposte, tanto che tutti i produttori hanno ridotto notevolmente la quantità di layout, perché alla fine quelli che si vendono sono sempre più o meno gli stessi.
La nostra necessità è quella di massimizzare la produzione con un catalogo alla fine limitato a una ventina di modelli, che spaziano dal camper van ai semintegrali compatti, arrivando fino ai mansardati. Siamo poi tra i pochissimi rimasti a offrire ancora questa tipologia, perché abbiamo uno zoccolo duro di clientela – non necessariamente noleggiatori, ma anche famiglie – che si approccia al camper e vede ancora nel mansardato il veicolo con le maggiori possibilità di fruizione, perché gli spazi sono veramente più elevati rispetto a tutti gli altri. Per una famiglia il mansardato rimane il mezzo che permette più errori nella scelta: quando hai più spazio a disposizione, anche se il letto non è posizionato per te nella maniera ideale magari te ne accorgi meno, mentre su un van con sei metri quadri disponibili, se si sbaglia la scelta diventa difficile rimediare.

Qual è la quota percentuale dei mansardati sulle vostre vendite?
Alessandro Barbagallo: Attualmente raggiungono circa il 10%, pur avendo fatto una scrematura dei layout, anche perché alcuni erano dedicati prevalentemente al noleggio. Oggi il noleggiatore va un po’ dietro alla moda privilegiando soprattutto i furgonati e i semintegrali, anche perché poi li deve rimettere sul mercato e le vendite si fanno su queste tipologie.
Fino a un paio d’anni fa eravate anche produttori di motorhome, con delle particolarità stilistiche interessanti, come quella del layout del letto basculante anteriore, per esempio… Come mai non sono più nella vostra gamma?
Alessandro Barbagallo: Erano soluzioni esclusive, che però hanno bisogno di essere supportate anche da un processo di sviluppo. Dovendo crescere senza complicare la produzione abbiamo preferito puntare su tipologie per noi più facilmente gestibili. Quando abbiamo cominciato a vedere che i prezzi crescevano a dismisura, abbiamo capito che saremmo stati catapultati in una categoria estremamente competitiva e difficile. Per questo abbiamo preferito, anche a livello di numeri, rinunciare ai motorhome, avendo solo due linee produttive e non potendo diversificare la produzione.
Invece nel segmento dei camper van siete entrati relativamente di recente…
Alessandro Barbagallo: Sì, lo abbiamo fatto tre anni fa affidandoci un po’ al know-how del gruppo Rapido e sviluppando poi modelli esclusivamente in casa. Rispetto al prodotto di base abbiamo effettuato migliorie, perché anche questi veicoli devono avere le nostre peculiarità. Così come diversa è la nostra politica commerciale rispetto a quella di Rapido.
In questi tre anni avete raggiunto una quota di vendite, o meglio una percentuale di assorbimento dei camper van, paragonabile a quella del mercato?
Alessandro Barbagallo: Un po’ meno, anche perché lo spazio produttivo del van attualmente rappresenta un terzo della produzione: i due terzi rimanenti sono semintegrali e mansardati. Li produciamo noi: gli stabilimenti produttivi sono a quattro km di distanza tra loro, uno più piccolo su quasi tremila metri quadri e l’altro intorno ai 14.000, sempre coperti. Qui c’è anche una nuova linea produttiva, attualmente ferma, ma pronta a partire appena possibile.

Voi siete una delle poche aziende che ha puntato moltissimo sui veicoli compatti. Questo tipo di scelta vi ha dato soddisfazione? Come ha risposto il mercato?
Alessandro Barbagallo: C’è sempre maggiore richiesta di questa tipologia di veicoli. A livello progettuale sono una sfida, perché una dinette, un bagno e una cucina li devi comunque sempre realizzare, e farlo in 599 centimetri è sempre più complesso che farlo in 699 o 750. In questo segmento abbiamo anche rispolverato layout un po’ più datati: il modello Siena 330, per esempio, è uno dei nostri cavalli di battaglia e ha il letto alla francese. È una soluzione che aveva perso appeal, ma che abbiamo rivisitato con un frigo grande, un letto basculante, una cucina spaziosa con un grande piano d’appoggio e con la doccia separata. Tutto molto complesso da ideare e poi da affinare: un centimetro magari non fa la differenza, ma due o tre sì. In questo siamo stati bravi. Prima di affrontare qualsiasi progetto, chiediamo sempre un contributo, o quantomeno un brainstorming, alla rete per capire dove dobbiamo andare, cosa sta chiedendo il pubblico. E poi ci dobbiamo mettere del nostro… Comunque diciamo che i piccoli ci stanno dando tante soddisfazioni e ci puntiamo tantissimo. Anche perché abbiamo forse un po’ meno concorrenza, essendo più difficili da progettare e da gestire.
Passando alla parte più logistica, il fatto che la consegna delle meccaniche stia riprendendo e che la supply chain si sia un po’ normalizzata vi sta permettendo di rispettare i programmi produttivi del 2023 e di recuperare il gap?
Alessandro Barbagallo: Sinceramente non abbiamo avuto, contrariamente a quasi tutti i nostri competitor, grandissimi problemi nel ricevere le meccaniche, perché essendo un’azienda ancora relativamente piccola, e avendo all’interno un pool gestionale sveglio, siamo riusciti, lavorando tantissimo, a contenere i ritardi. Siamo stati molto flessibili da questo punto di vista, e questo è dovuto innanzi tutto a decisioni iniziali, diciamo stagionali, sulla scelta delle meccaniche che ci ha permesso di avere un po’ le mani libere in base alle disponibilità del prodotto. A parte quest’anno, con l’introduzione di Ford, siamo sempre stati esclusivisti Stellantis. Ci siamo comunque orientati, insieme a qualche altro costruttore di furgoni tedesco, soprattutto sul prodotto PSA (Citroën nel caso di Giottiline, ndr) che era visto dal mercato come qualcosa di meno appetibile. Abbiamo quindi dovuto fare anche del marketing verso il cliente finale. Siamo riusciti a gestire, con la rete di concessionari, gli arrivi delle meccaniche e abbiamo patito meno degli altri. Questo ci ha consentito, anche a livello di pricing, di essere più competitivi, perché quando si riesce a rispettare il budget stabilito a inizio anno non si è costretti a recuperare le perdite di produzione. Non essendoci stato un gap produttivo, siamo riusciti a contenere gli aumenti di listino.
Il mercato italiano per voi come va? Che quote di mercato avete raggiunto?
Alessandro Barbagallo: Stiamo andando bene, crescendo in valore assoluto in un mercato che invece decresce. Questo vuol dire, a livello percentuale, che negli ultimi cinque anni la nostra quota è passata dallo 0,8 a oltre il 5% nel 2022. Rispetto all’anno precedente abbiamo registrato un +30% in termini di pezzi. Parlando di euro, con listini cresciuti del 20% non serve nemmeno tradurre tutto in termini percentuali. Le logiche di pricing stanno scuotendo il mercato, anche se gli aumenti non dipendono dalla nostra volontà. Eravamo abituati a un aumento ogni anno, mentre ora ogni mese può arrivare una comunicazione di variazione dei prezzi, che non guarda in faccia nessuno, nemmeno in caso di ordine già effettuato. Questo naturalmente si ripercuote sul concessionario, che a sua volta deve far presente la cosa al cliente.

Quanti concessionari avete ora in Italia?
Alessandro Barbagallo: Sono 16 e tutti contenti. Oggi abbiamo una coda di “insospettabili” che hanno chiesto di poter diventare rivenditori Giottiline. Anche a livello di brand abbiamo raggiunto un notevole livello di apprezzamento.
Al nostro settore sembra che si stiano affacciando alcuni concessionari del mondo auto e che ci sia anche interesse da parte di alcune aziende produttrici. Qual è la sua opinione?
Alessandro Barbagallo: Credo che si tratti di corsi e ricorsi storici. Già in passato il concessionario auto ha vissuto crisi cicliche e alcuni di loro hanno provato ad affrontare il nostro settore. Poi ci sono aziende come Volkswagen e Ford che propongono i California e i Nugget attraverso la loro rete. Persino Fiat tempo fa ebbe l’idea di costruirsi il veicolo in casa. Credo che queste esperienze si ripresenteranno ciclicamente, in presenza di crisi di vendita. I costruttori da parte loro tendono a diventare anche distributori, creando una propria rete acquisendo concessionarie. Con effetti positivi, ma anche negativi, perché il concessionario acquisito tende a buttare fuori i marchi non di proprietà e il competitor esterno e ancora indipendente a escludere i marchi del prossimo concorrente: si sta creando una serie di situazioni che vanno monitorate attentamente.
In Italia, poi, le strutture non sono ancora mediamente al livello di quelle tedesche o francesi e quindi vedremo probabilmente passaggi diversi a seconda anche della nazione. Come Giottiline siamo ancora piccoli, con circa 110 concessionari in tutta Europa; quindi, al momento abbiamo ancora margini di sviluppo all’interno della nostra rete e valutazioni di questo tipo sono premature. Per servire i concessionari di auto bisogna anche valutare una serie di servizi accessori che loro sono abituati a utilizzare, dalle piattaforme finanziarie fino a quelle web per quanto riguarda gli ordini. Nel nostro settore siamo ancora un po’ indietro, anche perché i nostri sono veicoli estremamente complessi. E poi va considerata la formazione del personale, con la creazione di una piattaforma specifica, per evitare che il concessionario mandi messaggi sbagliati, specialmente ai nuovi clienti. Ci vorrà del tempo prima che tutto questo possa diventare realtà.
A livello di assistenza tecnica vera e propria fornite ai vostri concessionari qualche supporto specifico?
Alessandro Barbagallo: Da questo punto di vista stiamo migliorando, soprattutto dopo l’avvento del gruppo Rapido. L’azienda prima non aveva sufficienti risorse interne, a livello numerico. Con il gruppo Rapido, per esempio, il service viene gestito attraverso una “extranet” che prima non avevamo, al contrario magari di altri nostri competitor. L’essere arrivati per ultimi, per altro, ci ha consentito di partire adottando subito le ultime novità tecnologiche. Insieme all’amministratore delegato Giuseppe Pinto abbiamo definito una serie di scadenze. Il cammino deve essere ben chiaro, programmato: vanno completate l’ottimizzazione di prodotto, di ingegnerizzazione e produzione, della qualità produttiva e contestualmente deve aumentare quella del servizio. Per arrivare a una gestione più semplice e diretta con i concessionari a livello di service avevamo bisogno di modificare anche alcuni aspetti progettuali, a partire dal 3D. Ora siamo a buon punto: siamo partiti bene e stiamo rispettando la tabella di marcia.
