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Energia a bordo: le opzioni per i progettisti

La crescente elettrificazione a bordo dei veicoli ricreazionali sta concentrando l’attenzione sui vari modi di produrre energia a bordo, specialmente quando si è fuori rete. In questa prima parte di un articolo che abbiamo diviso in due sezioni, esaminiamo i modi principali per generare elettricità e nella seconda, a giugno, esamineremo soluzioni ibride e sistemi di accumulazione.

Pannelli solari

La storia

Sembra che i pannelli fotovoltaici o solari siano in circolazione da sempre e, in un certo senso, lo sono. L’effetto venne scoperto per la prima volta dal fisico francese Alexandre Becquerel nel 1839, ma è solo nel 1883 che appare la prima cella solare. La commercializzazione non inizia fino agli anni ‘50, quando i Bell Labs negli Stati Uniti producono i primi pratici pannelli solari per alimentare l’elettronica. Invece di utilizzare come in precedenza selenio su un sottile strato di oro, i nuovi pannelli solari impiegavano la tecnologia del silicio, che aumentava l’efficienza dall’1% al 4%: abbastanza poco, nella pratica. I pannelli risultanti trovano rapidamente impiego nel campo aerospaziale ma rimangono enormemente costosi.
Con la spinta della corsa allo spazio, l’efficienza va lentamente migliorando e i costi riducendosi, ma è solo negli anni ‘70 che la società Exxon progetta una cella solare abbastanza economica, sul piano produttivo, da consentirne la commercializzazione su larga scala.
I primi calcolatori a energia solare appaiono alla fine degli anni ‘70, ma devono passare circa altri 10 anni prima che l’energia solare diventi pratica per un utilizzo a bordo di un camper. Nel 1982 la Kyocera Corporation sviluppa un metodo per produrre celle solari in serie fondendo il polisilicio e tagliandolo in sottili fogli, come dei biscotti wafer. Da questo momento inizia il boom commerciale dell’energia solare al quale abbiamo assistito finora.

Oggi

Oggi la maggior parte dei pannelli solari è realizzata con questo metodo o con il più costoso processo che prevede la crescita dei singoli cristalli di silicio in un’atmosfera inerte come l’argon. Il risultato si ottiene fondendo silicio molto puro e seminandolo per produrre un unico e continuo cristallo. Tali cristalli hanno prestazioni elettriche superiori grazie alla mancanza di margini granulosi che si formano quando molti frammenti più piccoli sono stati fusi insieme. L’altissima purezza di queste celle monocristalline consente loro di raggiungere efficienze del 15-20%. Questo è comparabile al 13-16% per le celle policristalline.
I due tipi di pannello sono facili da distinguere. Le celle monocristalline hanno una caratteristica forma quadrata con angoli arrotondati. Questo è dovuto dalla forma rotonda del cristallo che viene ridotta per consentire una maggiore densità di immagazzinamento. Le celle policristalline, invece, hanno una superficie più continua che sembra essere composta da scaglie di metallo.
Per molti anni i pannelli solari a cristalli hanno avuto bisogno di strutture estremamente rigide e pesanti, telai in alluminio e vetro temperato, per preservarne la fragilità. Più recentemente è diventato possibile tagliare questi “wafer” di cristallo in sezioni estremamente sottili, con uno spessore di pochi micrometri. Basti pensare che un capello umano ha uno spessore di 100 micrometri. Ciò consente ai pannelli di essere montati su un materiale di supporto leggero e dotato di una certa flessibilità. Un terzo tipo di tecnologia oggi in uso è quello della produzione di pellicole ultra sottili. Questi pannelli sono realizzati depositando uno o più strati di un materiale fotovoltaico su un substrato adatto. I vantaggi sono una produzione in serie semplice oltre ad un’alta resistenza e flessibilità per i pannelli, con una gamma completamente nuova di possibilità. Inoltre, le alte temperature e l’ombra hanno un impatto minore sulle prestazioni rispetto alle celle a cristalli. Il rovescio della medaglia, però, mostra delle efficienze intorno soltanto al 10%. Tali celle, inoltre, non sono generalmente durevoli nel tempo come quelle a cristalli.
I pannelli flessibili possono essere utili per l’incollaggio direttamente sui tetti dei camper. Tuttavia, tali pannelli possono surriscaldarsi durante l’uso e il calore ne riduce l’efficienza. Per questo motivo, i pannelli rigidi devono essere distanziati dalla loro superficie di montaggio attraverso un’intercapedine di circa 20 mm per consentire la circolazione dell’aria. Questo legame tra temperatura ed efficienza fa sì che i pannelli solari funzionino abbastanza bene anche nei mesi invernali, benché il sole sia più basso.

Rivestimenti speciali per migliorare le prestazioni

Da alcuni anni sono disponibili rivestimenti antiriflesso e autopulenti in grado di migliorare le prestazioni delle celle solari e di massimizzare la luce che li colpisce. Più recentemente, tuttavia, i ricercatori dello statunitense National Institute of Standards and Technology (NIST) hanno sviluppato un rivestimento su nanoscala che consente alle celle solari di catturare circa il 20% in più di luce solare rispetto ai dispositivi non rivestiti. Il rivestimento è costituito da migliaia di minuscole perle vitree, ognuna delle quali è pari a un centesimo di larghezza rispetto a un capello umano. Quando la luce le colpisce, viene catturata e veicolata allo stesso modo del suono nella famosa galleria dei sussurri della Cattedrale di St. Paul a Londra. La luce catturata da questo rivestimento nano-risonatore, infine, fuoriesce e viene assorbita dalla cella solare sottostante.
I rivestimenti nano-risonatori per la luce sono stati inventati circa dieci anni fa, ma il loro utilizzo nelle celle solari è uno sviluppo recente.
I rivestimenti forniscono anche una protezione di carattere meccanico, consentendo di calpestare pannelli solari flessibili quando, per esempio, sono installati sul tetto di un camper.

Il futuro

Le nuove tecnologie sono sottoposte a un costante sviluppo e si possono prevedere ulteriori miglioramenti in termini di efficienza e costi. Un team americano guidato dall’Università di Toledo, per esempio, ha prodotto celle solari ad alta efficienza utilizzando materiali chiamati perovskiti, composti naturali con una speciale struttura cristallina che potrebbe essere utilizzata per sostituire il silicio.
La nuova tecnologia funziona combinando due celle distinte per sfruttare le diverse parti dello spettro del sole. L’effetto è l’aumento della potenza generata. Per questo motivo, tali cellule sono chiamate cellule tandem di perovskite. Pare che la loro efficienza sia del 23% circa, con una prospettiva di riduzione dei costi. La fase odierna sta dimostrando che la tecnologia può essere messa in scala in modo affidabile anche fuori dei laboratori. Gli scienziati, negli Stati Uniti e in Cina, hanno già dimostrato che le cellule di perovskite possono essere prodotte con l’aiuto della tecnologia spray. Ciò significa che presto potremmo essere in grado di produrle utilizzando stampanti simili a quelle a getto d’inchiostro che utilizziamo anche oggi.
Nel frattempo, ricercatori cinesi, insieme ad altri, sostengono di aver fatto passi da gigante nello sviluppo di celle solari organiche. Realizzate con materiali a base di carbonio e plastica, queste promettono di essere più economiche da produrre rispetto alle tradizionali celle al silicio. Fino ad ora la tecnologia è stata frenata da efficienze che si aggirano intorno alla metà rispetto al silicio, ma nell’aprile 2018 i ricercatori sono stati in grado di toccare il 15% di efficienza, e vi è un nuovo studio che intravede un incremento fino al 25%.
Un’altra promettente area di sviluppo è il grafene, una forma di carbonio in cui le molecole formano un reticolo esagonale di appena una molecola di spessore con un atomo di carbonio posto su ciascun vertice. È estremamente solido ed è un buon conduttore di calore ed elettricità. Inoltre, è quasi trasparente e molto flessibile. Teoricamente queste proprietà lo rendono ideale per l’uso nei pannelli solari, ma la commercializzazione è ancora lontana.

Costi

I costi sono calati in modo molto significativo nel corso degli anni, portato alla cosiddetta “legge di Swanson”. Questa compare in seguito a un articolo pubblicato su The Economist nel 2012, in cui Swanson ha osservato che il prezzo dei moduli fotovoltaici solari tende a scendere del 20% per ogni raddoppio del volume cumulativo delle spedizioni.
Secondo Bloomberg, i prezzi delle celle fotovoltaiche al silicio cristallino sono scesi da $ 76,00 per watt nel 1977, a $ 0,36 per watt nel 2014. Da allora i prezzi si sono in qualche modo stabilizzati ma la tendenza generale rimane il ribasso. La legge di Swanson potrebbe avere ancora soltanto alcuni anni di vita per operare.

Celle a combustibile

Dopo i pannelli solari, sono le celle a combustibile a rappresentare il modo più interessante per produrre energia priva o a ultra basse emissioni a bordo. Le celle di questo genere combinano un combustibile (spesso idrogeno) con un agente ossidante (solitamente ossigeno dall’aria) in una cella elettrochimica per produrre elettricità. L’acqua è un sottoprodotto e, a seconda del combustibile, possono anche essere prodotti gas come l’anidride carbonica. Esternamente, le celle a combustibile assomigliano a batterie: ognuna dotata di un anodo, un catodo e un elettrolita per consentire agli ioni, che trasportano elettricità, di fluire liberamente dall’uno all’altro.
I voltaggi prodotti dalle singole celle sono bassi (in genere 0,7 volt), e, al fine di ottenere energia utile, le celle vengono impilate per fornire la tensione richiesta. La classificazione dipende dal tipo di elettrolita utilizzato e dal tempo impiegato dalla cella a combustibile per avviarsi. Quest’ultimo varia tra un secondo e circa 10 minuti. Le celle a combustibile tendono ad essere molto silenziose durante il funzionamento, il che le rende ideali in molte applicazioni, in particolare nel mondo dei veicoli ricreazionali.


La tecnologia è stata inventata nel lontano 1838, anche se la commercializzazione non è stata possibile fino alla metà degli anni ‘30 con l’invenzione della cella a combustibile idrogeno-ossigeno. A metà degli anni ‘60 questo tipo di cella, inoltre, veniva utilizzata per alimentare satelliti e capsule spaziali.
Da allora le celle a combustibile sono andate affermandosi in molte altre applicazioni, tra le quali l’alimentazione delle batterie di veicoli, barche e sottomarini. Emettendo solo acqua e calore, questi veicoli possono essere classificati a emissioni zero.
Alcuni vedono le celle a combustibile alimentate a idrogeno come il futuro della propulsione, grazie alla rapidità di rifornimento di carburante che consentono: tempi accettabili ed emissioni zero. Ma, prima che tali veicoli si diffondano, è necessario strutturare una rete globale di approvvigionamento di idrogeno supportata da generatori alimentati, a loro volta, da risorse rinnovabili. Per la situazione attuale, questi scenari sembrano essere ancora lontani. Perciò è perfettamente plausibile immaginare la produzione di un camper alimentato da una cella a combustibile collegata alle batterie, ma sembra improbabile in immediato futuro.
Nel 2018 questo, però, non ha impedito a Mercedes di mostrare il suo concept Sprinter F-Cell, un camper che utilizza una cella a combustibile da 75 kW combinata con accumulatore a 9,2 kWh per alimentare una trazione posteriore da 147 kW. Tre serbatoi di idrogeno montati sotto il pavimento forniscono un’autonomia di 300 km con un serbatoio supplementare nella parte posteriore per ulteriori 200 km.
Le celle a idrogeno hanno il vantaggio di essere relativamente efficienti, 50-85%, a seconda della tecnologia utilizzata. Se è possibile utilizzare il calore residuo, l’efficienza aumenta ulteriormente.

Celle a combustibile alimentate a GPL

Come suggerisce il nome, queste celle usano il GPL come combustibile base. Ciò le rende particolarmente ideali per il mondo camper in cui il GPL è largamente disponibile. Funzionano riformando il GPL in idrogeno a temperature molto elevate dentro a una cella a combustibile a ossido solido (SOFC). Queste utilizzano un ossido solido (più comunemente un materiale ceramico chiamato zirconia e stabilizzata con ittrio) come elettrolita. Le temperature per il processo sono generalmente comprese tra 800-1000° C.
L’idrogeno creato viene combinato con l’ossigeno presente nell’aria per produrre elettricità con acqua e anidride carbonica come sottoprodotti. Le alte temperature necessarie comportano tempi di avvio lenti ma eliminano la necessità di catalizzatori speciali. Inoltre (almeno in teoria) il calore di scarto può essere recuperato e utilizzato per il riscaldamento degli ambienti o dell’acqua, una funzione sempre interessante per l’uso a bordo dei camper.
Truma ha presentato alla stampa presente al Caravan Salon di Düsseldorf nel 2012 la sua cella a combustibile alimentata a GPL VeGA, con una potenza massima di 250 watt a 12 volt. Era relativamente ingombrante e pesava 40 kg, ma sembrava comunque ideale per l’uso in camper. Purtroppo, non ebbe successo commerciale e fu ritirata solo un paio d’anni dopo.
Oggi il testimone è stato raccolto dalla società Watt Fuel Cell, fondata nel 2010 a New York per produrre soluzioni energetiche ecologiche. I suoi moduli Imperium™ utilizzano la tecnologia SOFC per produrre 500 watt di potenza ciascuno da un’unità che misura 572 x 318 x 318 mm e pesa solo 21 kg (a secco). Il rumore indicato è 45 dBA @ 3ft (circa 35 dBA @ 7m).
I costi sono contenuti, grazie alla tecnica di produzione proprietaria di Watt che crea un intero tubo di celle a combustibile mediante un processo di stampa automatizzato. Questi vengono poi impilati per produrre la potenza richiesta. La società afferma che sta lavorando con potenziali OEM per entrare nel mercato RV entro la fine dell’anno. I prezzi saranno annunciati all’avvicinarsi del momento.

Celle a combustibile a metanolo diretto (DMFC)

I dispositivi DMFC utilizzano metanolo come combustibile, anziché idrogeno. Il metanolo è molto più facile da rifornire e trasportare, oltre ad avere una densità energetica più elevata dell’idrogeno. Fondamentalmente, le celle funzionano ossidando il combustibile liquido in anidride carbonica e acqua. Invece di essere convertito in idrogeno, il metanolo viene miscelato con acqua e alimentato direttamente all’anodo della cella.
Questa diluizione è necessaria per ridurre un effetto noto come “crossover”, nel quale una percentuale di metanolo passa attraverso la membrana dell’anodo e nell’elettrolita senza reagire. Spinto da forze elettro-osmotiche, il combustibile raggiunge il catodo dove fornisce la sua energia sotto forma di calore. L’effetto complessivo è una riduzione della tensione e dell’efficienza della cella. Nonostante l’efficienza complessiva di questo tipo di cella sia inferiore a molte altre, in pratica questo è abbastanza accettabile per le applicazioni portatili in cui l’energia e la densità di potenza sono più importanti dell’efficienza.
La tecnologia è stata introdotta dalla società tedesca EFOY, che produce una gamma di celle a combustibile da 12 volt da utilizzare a bordo dei veicoli ricreazionali e per altre applicazioni. EFOY è stata la prima azienda al mondo a presentare prodotti commerciali DMFC. Per un funzionamento affidabile, le celle a combustibile EFOY devono essere alimentate con metanolo ultra puro. Attualmente, per la loro alimentazione, è consentito solo il carburante fornito da EFOY sotto garanzia. Anche la protezione antigelo è importante, ma i circuiti integrati vengono automaticamente protetti a condizione che le unità rimangano alimentate e collegate a una batteria.
Sono disponibili tre modelli che producono 80-210 Ah al giorno a 12 volt, con pesi compresi tra 7,1 e 8,5 kg. Tali modelli sono rivolti all’aftermarket, ma potrebbero far parte di un’offerta in primo impianto o allestita da un rivenditore. I prezzi al dettaglio vanno da circa € 2.400 a € 4.700. Sono disponibili anche modelli industriali con potenze fino a 500 watt e 48 volt. La cella a combustibile Jupiter di EFOY utilizza idrogeno ed eroga fino a 2,5 kW a 48 volt.

Generatori termoelettrici

I generatori termoelettrici, a volte chiamati generatori Seebeck, convertono le differenze di calore direttamente in energia elettrica. L’effetto fu notato per la prima volta da Thomas Seebeck nel 1821, quando scoprì che conduttori diversi a temperature differenti potevano produrre elettricità quando uniti tra loro. L’effetto può essere dimostrato usando rame e ferro. Per funzionare in maniera efficace, però, i materiali devono avere un’alta conduttività elettrica combinata con una bassa conduttività termica. Ciò garantisce un buon flusso di corrente mantenendo la differenza di temperatura. Oggi i materiali comuni sono i semiconduttori e sono in corso ricerche per ulteriori sviluppi. Attualmente i composti che contengono tellurio si stanno mostrando particolarmente promettenti. I principali vantaggi dei generatori termoelettrici sono l’estrema robustezza e le poche parti in movimento. Ciò ha portato al loro utilizzo a bordo di veicoli spaziali e su applicazioni come rover lunari. Un altro grande vantaggio è la possibilità di operare in modo molto silenzioso o, in alcuni casi, in totale silenzio. Per contro, possono risultare costosi e le efficienze si aggirano solo nell’intervallo del 5-15%. Ciò non ha impedito alla società italiana Mobiltech, però, di portare questi dispositivi nel mercato dei camper e, dalla primavera del 2020, anche nel settore nautico. I suoi due modelli di generatori Zeus hanno una potenza nominale di 80 e 150 watt. Progettati per il montaggio a pavimento, per risparmiare spazio, funzionano in modo estremamente silenzioso (32 dBA @ 7m). Per creare la differenza di temperatura necessaria all’effetto Seebeck, i generatori Zeus utilizzano un bruciatore raffreddato a liquido e alimentato a benzina o gasolio. Il raffreddamento è fornito da un radiatore a ventola che può essere separato per facilitare l’installazione. Il gruppo elettrogeno Zeus 150 pesa 28,9 kg e l’unità di raffreddamento 5,9 kg. Mobiltech afferma che i suoi due modelli Zeus sono attualmente in produzione e disponibili per i costruttori di camper in alcuni paesi europei, mentre in altri sono iniziati sia l’assistenza alla vendita sia alcune collaborazioni. Mobiltech ha anche avviato un progetto con un costruttore di camper di primo piano per il lancio di un veicolo privo di impianti a gas. Diversi costruttori di veicoli ricreazionali hanno progetti in corso relativi all’ottimizzazione energetica a bordo in assenza di una fonte di alimentazione. Mobiltech afferma che i suoi generatori Zeus sono molto competitivi se comparati a prodotti simili sul mercato. È interessante notare che se le fonti di calore e raffreddamento vengono rimosse da un generatore termoelettrico e viene applicata una corrente, il calore viene spostato da una giunzione all’altra. Il risultato è che uno si surriscalda mentre l’altro si raffredda. Questo è noto come effetto Peltier in onore del fisico francese Jean Peltier, che ha scoperto il fenomeno nel 1834, ed è ampiamente usato nelle scatole fredde, essendo molto più economico e leggero di altre tecnologie.

Generatori a motore

I generatori a motore forniscono energia ai camper da tempo immemorabile e senza dubbio hanno ancora una lunga vita davanti. I problemi,però, sono sempre stati rumore e peso. Anche le unità più silenziose possono risultare comunque fastidiose.
Per questo motivo Telair, parte del gruppo TELECO, produce generatori super silenziosi per l’installazione a bordo da oltre 20 anni. I più leggeri e silenziosi sono quelli della gamma EcoEnergy, recentemente aggiornati e progettati per mantenere le batterie RV ricaricate automaticamente e alimentate a GPL. Sono disponibili in tre modelli con uscite da 20-25 ampere a 12 volt. Un modello è studiato anche per il funzionamento ad alta quota. Con livelli di silenziosità, generalmente, di soli 51 dBA a 7 m, il segreto di Telair sta nell’isolamento pesante e nell’incapsulamento quasi totale. Il peso è di soli 19 kg, il rifornimento di GPL riduce le emissioni di CO2 di circa il 10% rispetto alla benzina o al diesel. Il consumo stimato è di circa 270 grammi all’ora. Dove è necessaria l’alimentazione di rete, la gamma Telair offre fino a 3,8 kW con livelli di silneziosità di 7 m nella gamma 58-66 dBA. I carburanti includono benzina, diesel e GPL. Queste potenti unità sono naturalmente molto più pesanti, segnando sulla bilancia tra 52 e 87 kg.


Anche Dometic offre una gamma di generatori per il montaggio a bordo. Le sue serie TEC e T offrono potenza nella gamma da 2,5 a 4,5 kW con una scelta tra benzina e gasolio. I livelli di silenziosità restano nell’intervallo 59-62 dBA @ 7m, i pesi vanno da 44 a 132 kg.
È interessante notare l’uso, quasi universale, della tecnologia degli inverter nei moderni generatori di rete, compresi quelli citati. In precedenza, la tensione e la frequenza prodotte dai generatori erano in funzione della loro velocità. Se il carico sul generatore aumentava, poteva rallentare con conseguenti riduzioni della tensione. Il trucco stava nel cercare di dare al motore abbastanza carburante per minimizzare l’effetto, ma le conseguenze erano un rumore e un consumo di carburante più alti del necessario a carichi più bassi.
Invece di produrre corrente alternata alla fonte, i generatori inverter producono, normalmente, 12 volt di CC. L’elettronica dell’inverter converte a 230 volt costanti a 50 Hertz (110 volt a 60 Hertz per gli Stati Uniti e mercati simili). Se il carico aumenta, il generatore accelera per produrre più potenza CC ma la tensione e la frequenza rimangono costanti. Questo è ovviamente molto meglio per qualsiasi carico delicato, ma riduce anche il rumore e il consumo di carburante a carichi inferiori. Può anche rendere possibile il funzionamento di tali generatori in parallelo per far fronte a carichi elevati. I 12 volt prodotti sono anche molto utili per la ricarica della batteria.
È importante verificare che l’uscita dell’inverter sia un’onda sinusoidale pura (come la vera alimentazione di rete) e non un’onda quasi quadrata, per evitare di danneggiare qualsiasi apparecchiatura sensibile. Tutti i generatori di rete prodotti da Dometic e Teleco utilizzano la tecnologia inverter a onda sinusoidale pura.