Il direttore di Assogomma spiega in questa intervista l’importanza di una corretta informazione per evitare comportamenti che potrebbero rivelarsi pericolosi. Sottolineando le responsabilità dei rivenditori.
Testo di Francesco Rossi
Parlando di tecnica nei veicoli ricreazionali viene facile pensare a cellula abitativa, elettrodomestici e accessori. Ma quello a cui si pensa poco, soprattutto quando il veicolo è nuovo, sono gli pneumatici. Al momento dell’acquisto, quasi sempre ci si ritrovano in dotazione delle gomme marcate M+S, ovvero “mud+snow” (fango e neve), che rendono il camper utilizzabile tutto l’anno senza la necessità giuridica di effettuare il cambio stagionale. Ma gli pneumatici non basta averli: vanno anche tenuti sotto controllo, correttamente manutenuti e cambiati quando serve. Per approfondire l’argomento, abbiamo parlato con Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma, che raggruppa circa duecento produttori italiani di articoli in gomma, di qualsiasi natura. Assogomma è stata una delle otto associazioni fondatrici di Confindustria, nata a Torino nel 1910.
Che peso hanno i produttori di pneumatici all’interno della vostra associazione?
Fabio Bertolotti: Il numero delle aziende è certamente molto ridotto rispetto a quello degli associati: sono meno di dieci, ma la quantità prodotta in termini di chili è decisamente superiore. Noi diciamo che gli pneumatici rappresentano circa la metà del cielo della produzione italiana di articoli in gomma. Parliamo di gomme di tutti i tipi, non solo per le vetture. Ci sono anche i mezzi pesanti, quelli per il movimento terra, biciclette e moto, carrelli elevatori e molto altro. Tra gli associati c’è anche una piccola azienda, molto apprezzata e conosciuta dagli addetti ai lavori: si chiama Vega e fa solo pneumatici per go-kart. È una “chicca” a livello internazionale.
Pur essendo un’associazione di produttori con ruolo istituzionale, Assogomma lavora anche sul fronte della sensibilizzazione dell’utente finale. Che ruolo ha in questo tipo di attività?
Fabio Bertolotti: Assogomma è abbastanza anomala rispetto alle altre associazioni del sistema confindustriale. Oltre a seguire cose come il contratto collettivo nazionale e offrire assistenza alle aziende, dal 2000 ci occupiamo anche di comunicazione, perché si è deciso che fosse molto importante informare la gente, le istituzioni e anche gli operatori della filiera sull’importanza che rivestono gli pneumatici. Inizialmente il focus era orientato alla sicurezza stradale, ma oggi è molto importante anche l’aspetto di natura ambientale. Nel 2001 abbiamo dato il via alla prima iniziativa che ha visto la presenza dell’associazione sui vari media con un investimento pubblicitario rilevante. L’obiettivo era quello di far conoscere, di informare e cercare di capire quale fosse il grado di conoscenza degli pneumatici da parte dell’utenza finale. Siamo rimasti molto sorpresi e delusi, perché un’indagine di mercato di allora mise in evidenza che tra gli intervistati nessuno indicava le gomme come elementi fondamentali della sicurezza stradale: proprio zero. Le risposte vanno ovviamente contestualizzate: a quell’epoca gli italiani non allacciavano la cintura di sicurezza e il rispetto dei limiti di velocità, senza il Tutor, non esisteva. Era un mondo un po’ diverso da quello attuale. L’anno scorso abbiamo ripetuto l’indagine, ovviamente non con le stesse persone ma con identico approccio, ed è stata una felice sorpresa notare che due intervistati su tre hanno messo gli pneumatici tra i primi tre dispositivi fondamentali per la sicurezza stradale, generalmente dopo i freni e le cinture di sicurezza. Questa è la dimostrazione che il lavoro ha dato i suoi frutti.
Sicuramente negli ultimi anni è stato fatto un grosso sforzo per far comprendere l’importanza di lavorare su treni estivi e treni invernali, cambio gomme periodico e così via…
Fabio Bertolotti: Anche questa attività è nata quasi per caso. Nel 2005 una grande nevicata spezzò in due il Paese, nel solito nodo cruciale rappresentato dalla zona di valico tra Emilia e Toscana. In molti rimasero bloccati per oltre venti ore e io venni chiamato a dare una spiegazione della situazione. Quando mi misi a parlare alle forze dell’ordine, ai vari prefetti, ai rappresentanti ministeriali dello pneumatico invernale, che esiste da ben più di vent’anni, mi resi conto che non c’era alcuna informazione. Il consumatore non sapeva dell’esistenza di questo prodotto e nemmeno le forze dell’ordine, che confondevano lo pneumatico invernale con quello chiodato. Questa è la fotografia che mi sono trovato di fronte nel 2005. I produttori si facevano tra loro una normale guerra commerciale, cercando di affermare il loro prodotto rispetto a quello della concorrenza, ma si erano dimenticati la cosa più importante: che non c’era un mercato dello pneumatico invernale. Da lì è partita un’attività di informazione molto capillare per cercare di far conoscere le prestazioni di uno pneumatico invernale, spiegando che non è una gomma che va bene solo quando c’è la neve a terra, ma che si definisce “invernale” perché ha prestazioni migliori quando fa freddo, quando le temperature scendono sotto i sette gradi e si avvicinano allo zero. Oggi gli automobilisti sanno perfettamente quali sono i plus di uno pneumatico invernale rispetto a uno estivo.
In questo contesto l’iniziativa Pneumatici sotto controllo ha avuto una grande importanza. Di cosa si tratta?
Fabio Bertolotti: È nata nel 2000 con l’obiettivo di invitare gli automobilisti a farsi controllare le gomme. L’idea si è concretizzata nell’aprile del 2001 con un investimento importantissimo: allora si parlò di cinque miliardi delle vecchie lire, una cifra veramente significativa. La prima edizione portò a un risultato molto deludente, ma ci fece capire una cosa: che c’era un’assoluta esigenza da parte dell’automobilista di avere informazioni, ma che non era utile fare un’attività pubblicitaria per un’iniziativa dalla valenza sociale. Quello che invece era importante era affinare la comunicazione, portare a tutti concetti molto tecnici di un prodotto come lo pneumatico, che francamente non è particolarmente entusiasmante: è nero, è sporco e per guardarlo bisogna piegarsi. Non è uno dei prodotti più amati, salvo che dagli appassionati.
Che tipo di rapporti avete con Federpneus, l’associazione dei rivenditori specialisti di pneumatici?
Fabio Bertolotti: Pneumatici sotto controllo (www.pneumaticisottocontrollo.it) nasce in una logica di filiera, non è un brand che ha una valenza commerciale. Nel nostro sito non c’è traccia dei marchi dei produttori di pneumatici che hanno sostenuto questa iniziativa, perché l’obiettivo non è pubblicitario, ma di comunicazione. In questo ambito, il ruolo del rivenditore specializzato assume un’importanza strategica, tanto che tutte le iniziative sono sempre state condivise tra Assogomma e Federpneus. Più recentemente abbiamo promosso attività anche con altre sigle e associazioni che rappresentano i rivenditori, come CNA, perché nella nostra concezione è la forza dell’insieme che può rappresentare il messaggio corretto alla platea più ampia possibile. Non è facile, perché ciascuno ha posizioni, e anche interessi, che non sempre sono allineati, ma devo dire che i vent’anni di attività dimostrano che si può fare.
Quali difficoltà sta vivendo questo settore?
Fabio Bertolotti: Tutte le realtà che producono in Italia rappresentano, con i loro marchi premium e con le loro seconde e terze linee, oltre il 70 per cento del mercato domestico e sono presenti in tutto il mondo. La provenienza di prodotti di importazione da paesi terzi a condizioni economiche particolarmente aggressive è quindi un fenomeno relativo. La minaccia più concreta è data dalla presenza di prodotti offerti a prezzi assolutamente sconsiderati e con caratteristiche prestazionali scadenti. In alcuni casi non si tratta solo di una prestazione inadeguata, ma anche non conforme alle normative. L’attività coordinata con tutte le forze dell’ordine ha fatto emergere negli ultimi anni una serie di situazioni assolutamente inimmaginabili. C’è stato chi, per esempio, ha contraffatto le marcature di omologazione, ma più semplicemente abbiamo anche scoperto la presenza sul mercato di prodotti non omologati. Nel 2008, a Milano, su 5.000 ciclomotori controllati ne trovammo mille che montavano pneumatici non omologati, il 20 per cento. La Polizia Locale scoprì anche chi li vendeva, ovvero alcuni supermercati dell’hinterland milanese, ma la cosa incredibile è che non si poteva disporre il sequestro del materiale perché mancava la norma: fino al 2010 il nostro Codice della Strada vietava la circolazione di veicoli con pneumatici non omologati, ma era possibile produrli, commercializzarli e montarli. Questo vulnus normativo è stato colmato con la Legge 120 del luglio 2010.
L’anno scorso abbiamo invece scoperto gli pneumatici “post-datati”. Tra le varie scritte poste sul fianco c’è la data di produzione, che non è quella di scadenza: è un’informazione che non serve al consumatore finale, ma al produttore della gomma, perché se ci fosse un problema su quel lotto di produzione si potrebbe fare il recall del materiale. Nel 2018 arrivò dalla Cina un container pieno di pneumatici marcati con una data successiva a quella di consegna, invece che con quella di produzione. Il fatto potrebbe far sorridere, ma da un punto di vista industriale e di sicurezza è una cosa enorme, perché vuol dire che si mette in crisi il sistema di richiamo.
Quest’anno abbiamo individuato un altro buontempone, questa volta italiano, che per uno pneumatico di tipo invernale si è inventato una nuova marcatura. Le gomme invernali ad alte prestazioni devono avere, oltre al codice M+S, anche il pittogramma alpino con una montagna a tre picchi e un fiocco di neve al centro. Questo soggetto ha pensato bene di offrire al mercato un plus aggiuntivo: una montagna con quattro picchi. In una prima fase si era dimenticato il fiocco di neve, ma poi lo ha aggiunto…
Ovviamente questi erano pneumatici che non erano in realtà di tipo invernale, ma al massimo “quattro stagioni”, se non estivi…
Fabio Bertolotti: Per noi quelle gomme potrebbero anche essere perfette, ma il solo fatto di essere marcate in quel modo ne impedisce la commercializzazione. Si tratta di una truffa. Quanto poi alle “quattro stagioni”, ci sono quelle di Vivaldi e la pizza, che sono molto più interessanti. Negli pneumatici il termine quattro stagioni è ormai diffuso sul mercato, ma va precisato che non è un termine merceologicamente definito, né dal punto di vista tecnico né dal punto di vista giuridico. Non esistono delle caratteristiche specifiche per stabilire e considerare uno pneumatico “quattro stagioni”. Oggi ce ne sono solo due grandi tipologie: quelli che non hanno la scritta M+S, e in questo caso si parla di pneumatici normali, che noi chiamiamo spesso estivi, e quella invernale con la marcatura M+S, obbligatoria per legge a livello europeo. Questo codice è frutto di un’autodichiarazione del costruttore della gomma, che sulla base delle sue conoscenze, di valutazioni assolutamente discrezionali, afferma che quello pneumatico offre migliori prestazioni sulla neve. Nel caso in cui, oltre al marchio M+S, ci sia il pittogramma alpino, allora si parla sempre di pneumatici di tipo invernale, ma che hanno superato uno specifico test normato con parametri ben chiari. Questa prova viene superata se si ottiene un valore, in termini di spazio di frenata, del sette per cento migliore rispetto al prodotto di riferimento, che non è una gomma estiva, ma uno pneumatico specifico realizzato negli Stati Uniti che è il metro con il quale misurarsi.
È vero che in Europa, a livello normativo, alcuni Stati non accettano gli M+S come pneumatici invernali?
Fabio Bertolotti: M+S è una sigla molto vecchia, nata inizialmente per contraddistinguere degli pneumatici adatti a fondi sdrucciolevoli, poi la si è estesa all’aspetto invernale. In alcuni mercati, come la Germania e l’Austria, da un paio d’anni a questa parte si ritengono invernali solo le gomme munite anche del pittogramma alpino. E poi è stato introdotto un livello di scolpitura per gli pneumatici invernali più alto rispetto a quello stabilito a livello europeo. Se normalmente si considera “liscia” una gomma quando raggiunge uno spessore del battistrada di 1,6 millimetri, in quei mercati questo valore è stato portato a quattro millimetri. Ciò significa che uno pneumatico invernale con una scolpitura inferiore in Germania e Austria non è più considerato invernale, ma può essere impiegato nella stagione calda fino a quando non scende a 1,6 millimetri.
Sarebbe forse opportuno che ci fosse maggiore omogeneità a livello europeo…
Fabio Bertolotti: Lei ha ragione e questo è l’auspicio di sempre. In fin dei conti, la Direttiva 9223, modificata nel 2017, risale al 1992, quindi è un provvedimento molto vecchio. Lì sono state stabilite delle regole uguali per tutti. Poi però c’è sempre qualche mercato che apporta delle modifiche. È per questo che come rappresentanti dell’industria chiediamo non delle direttive, ma dei regolamenti: le prime devono essere recepite da ciascuno stato membro, e nel recepimento è facile che venga aggiunto qualcosa di diverso, mentre i secondi non necessitano del recepimento ed entrano nell’ordinamento giuridico dei paesi membri automaticamente e senza modifiche. In realtà esiste poi l’articolo 100 del Trattato che stabilisce che per ragioni di sicurezza, salute e ambiente ciascuno stato membro può notificare all’Unione Europea la necessità di elevare i requisiti. Quindi norme più restrittive sono sempre possibili.
Veniamo invece all’aspetto più specifico degli pneumatici sui veicoli ricreazionali. A che cosa bisogna porre attenzione in particolare, considerato che questi mezzi viaggiano praticamente sempre a pieno carico?
Fabio Bertolotti: Il pieno carico a volte viene superato di molto. I carichi aumentano rispetto a quello che è il consentito e soprattutto la loro distribuzione avviene in maniera disomogenea. Una cosa che deve essere valutata con grandissima attenzione è il tipo di pneumatico indicato sulla carta di circolazione. Se è previsto l’utilizzo di una gomma “extra load”, “reinforced” o ”CP”, cioè studiata per sopportare carichi superiori riferiti a quella misura, non è scritto per caso. Se si riprende il mezzo dopo mesi di fermo e nessuno ha pensato di ripristinare la corretta pressione di gonfiaggio, in presenza di un carico eccessivo la gomma si può surriscaldare fino ad arrivare alla deflagrazione. Gli pneumatici non scoppiano da soli: lo fanno se non sono gonfiati alla giusta pressione, se non sono adatti, se non sono adeguatamente manutenuti o se sono stati danneggiati da un urto. Poi ci può sempre essere lo pneumatico difettoso, ma questa è una casistica del tutto residuale. Più in generale, comunque, quello che deve essere rispettato è ciò che è scritto nella carta di circolazione, operando con le pressioni di gonfiaggio riportate sul libretto di uso e manutenzione del veicolo.
Gli addetti ai lavori hanno una responsabilità specifica nel momento in cui dovessero montare gomme non conformi rispetto a quelle previste sul libretto?
Fabio Bertolotti: Direi proprio di sì. Il gommista è un professionista che opera secondo la legge 122 del 1992, che identifica la categoria degli autoriparatori, e che è iscritto in Camera di commercio. Sembrano informazioni banali, ma lo scorso anno è stata realizzata un’indagine su 750 gommisti e si è scoperto che circa un dieci per cento dei controllati non aveva neanche la “patente” per poter operare, cioè non era nemmeno iscritto in Camera di commercio o lo era per merci diverse. Ovviamente in assenza di controlli ficcanti i furbi sono sempre dietro l’angolo. Se poi c’è l’affare, il prezzo stracciato, dietro queste condizioni aggressive si nasconde quasi sempre la fregatura. Il consiglio è quello di rivolgersi a un gommista chiaramente identificabile, perché in genere gli esercizi non a norma tendono a nascondersi. Detto questo, un gommista chiaramente individuabile e iscritto in Camera di commercio ha certamente una responsabilità. A cominciare dal fatto che risponde di quello che vende, anche se non di sua produzione. Se si acquista uno pneumatico Pirelli dal signor Pippo Gomme, questi è responsabile di quel prodotto, esattamente come avviene per qualsiasi bene di consumo. Se poi un gommista monta una gomma sbagliata, non ammessa dalla carta di circolazione, è certamente responsabile, così come lo è se non la gonfia correttamente.
Come vede il fenomeno del commercio online?
Fabio Bertolotti: Dal punto di vista teorico, l’online è uno dei vari canali commerciali e dovrebbe seguire le norme stabilite. La cosa si complica quando i controlli non ci sono o si fa fatica a esercitarli a causa della mancanza di un quadro giuridico che disciplini adeguatamente queste vendite. Molto spesso vediamo pneumatici, anche di marche importanti, venduti su canali paralleli senza il pagamento dell’IVA e senza il contributo ambientale. E questo non è banale perché se le gomme costano cento euro è un conto, ma se costano trecento la differenza del 22% più il contributo ambientale, che mediamente è di due euro e mezzo a gomma, può essere significativa, arrivando a 70/80 euro a gomma, quindi magari a 200 o 300 euro sul treno completo. Sono cifre importanti. E stiamo parlando a parità di marca e prodotto. Dopo di che c’è da fare un discorso tra marche, perché quando un consumatore va su un sito specializzato (e ce ne sono tanti) e per lo stesso pneumatico in termini dimensionali e prestazionali se ne trova uno che costa 100 e uno che costa 45 deve porsi una domanda. Se la deve fare, esattamente come per l’acquisto di un telefonino. Se compro un prodotto che costa cento euro invece di mille, può darsi che faccia foto meno belle, che duri un po’ di meno, ma tutto sommato telefonate e navigazione in Internet si possono fare. Magari con qualche piccolo problema, con il telefono che a volte prende e a volte no, ma sono rischi che si mettono in conto. Su uno pneumatico è diverso: che si abbia in mano una Panda o una Ferrari, il veicolo poggia sempre su queste benedette quattro gomme. E se una di queste perde aderenza, che si abbia una Panda o una Ferrari ci si fa del male. Tanto.