Interviste italiane

Mauro Bilato, General Manager Top Group

Il proprietario di Top Group, nonché rappresentante di Goldschmitt in Italia, ci parla delle tante battaglie che ha dovuto affrontare: dalla legalizzazione del portamoto al riconoscimento del sistema di traino Remora. Puntando ora alla guida con patente B dei mezzi sopra le 3,5 tonnellate.

Testo di Paolo Galvani

Quando si parla di burocrazia, in Italia si viaggia sempre su un campo minato. Chiunque abbia avuto a che fare con gli uffici della Motorizzazione Civile, magari per il collaudo di un gancio di traino, sa di cosa parliamo. A essere colpiti dalle inefficienze del sistema non sono però solo i singoli cittadini, ma anche (o forse soprattutto) gli operatori del settore, che devono quotidianamente districarsi tra problemi “banali” come una semplice immatricolazione di un veicolo di provenienza estera o molto complessi come l’omologazione a esemplare unico di un mezzo allestito.
Di questi temi abbiamo parlato con Mauro Bilato, proprietario della padovana Top Group e rappresentante in Italia della tedesca Goldschmitt, che negli anni ha condotto numerose battaglie contro le storture e le interpretazioni delle leggi nostrane. È grazie a lui, per esempio, se oggi il portamoto può essere liberamente installato sui camper.

Il problema di fondo, secondo Bilato, è che Ministero dei Trasporti e Motorizzazione hanno grandi problemi di organico, oltre che di competenze, e quindi ogni procedura appena fuori dall’ordinario si risolve spesso in un diniego. Questo costringe gli operatori che non vogliono (o non possono) rinunciare al “pezzo di carta” formale a cercare tra i vari uffici quello più disponibile, magari in una provincia o in una regione diversa dalla propria. Se non addirittura a recarsi all’estero.
“A causa di questa situazione,” spiega Bilato, “persino molti nostri concorrenti ci chiedono aiuto. Da parte nostra, riusciamo a venire a capo dei problemi perché quando ci dicono che qualcosa non si può fare puntiamo i piedi e andiamo a studiarci le normative europee fino a quando non troviamo la soluzione. Agli uffici mancano purtroppo le conoscenze e il tempo per potersele formare. Da molti anni non vengono fatte assunzioni. Oggi tra gli ingegneri sono rimasti in pochi quelli che sanno lavorare e che conoscono la materia, e a breve sono destinati alla pensione. Questi sono gli unici oberati di lavoro, e per questo quando chiedi un appuntamento lo ottieni tre e quattro mesi dopo. Parliamo di pochissime persone in tutta Italia”.

L’esempio dei veicoli speciali

Per fare un esempio dei problemi che una situazione di questo tipo può creare, Bilato ci parla di un’azienda che allestisce veicoli speciali. “Qualche tempo fa siamo stati contattati perché sulla base di presunte circolari non sarebbe più stato possibile collaudare in Italia alcune tipologie di veicoli. Ovviamente non abbiamo trovato una sola ragione valida per questo diniego. Abbiamo quindi preso la normativa europea e siamo andati a parlare con gli uffici preposti, che di fronte alle nostre osservazioni in materia e all’evidenza delle normative non hanno potuto fare altro che darci assistenza. Oggi, si collaudano decine di veicoli al mese, e parliamo di veicoli di un certo livello: Maserati, Jaguar, Mercedes… Anche dopo il collaudo servono circa due mesi prima che le pratiche siano completate. Se poi parliamo di camper, ci sono tante Motorizzazioni che non li collaudano, dando risposte fuorvianti. Bisogna quindi migrare in altri uffici.”
Di fronte alle difficoltà, Bilato non si ferma facilmente, soprattutto quando è convinto, carte alla mano, di essere dalla parte della ragione. Qualche volta si è visto costretto a ricorrere alla denuncia all’autorità giudiziaria per abuso d’ufficio, molte altre ha dovuto solo minacciarla. “Quando denuncio, allego anche le leggi”, puntualizza, “in modo che sia chiaro il motivo per cui ritengo di avere ragione. In un caso ho anche segnalato il fatto che tutti i veicoli a cui era stata rifiutata l’omologazione erano stati regolarmente collaudati in altre motorizzazioni”. Ottenere ragione in questo modo dà una soddisfazione solo relativa, perché da un punto di vista pratico non cambia nulla. “Oggi facciamo centinaia di collaudi all’anno, gravando però sulle spalle di quelle poche persone che sanno lavorare. Molto spesso siamo costretti a rivolgerci ad autorità straniere al fine di ottenere i medesimi risultati in tempi minori.”

Il nullaosta del costruttore: un documento inutile

Molti problemi sarebbero risolvibili con una migliore preparazione del personale tecnico e amministrativo. Bilato ci parla di un caso relativamente recente, quello del gancio di traino: “Quando arrivava un veicolo di importazione, in Motorizzazione rispondevano che non era più possibile applicare il gancio, a meno che non venisse prodotto il nullaosta del costruttore. È dal 5 novembre 1997 che se il veicolo è omologato all’estero e gli si applica un gancio omologato questo documento non è più necessario. Abbiamo dovuto scrivere ai responsabili degli uffici per vedere applicata correttamente la normativa.”
Il problema dei mezzi che arrivano dall’estero non si limita ai collaudi per i ganci di traino, ma investe da mesi anche le nuove immatricolazioni, per le quali in molte provincie sono necessarie settimane di attesa. “Per i veicoli di produzione italiana, l’impiegato della Motorizzazione deve solo inserire un codice per recuperare in automatico tutti i dati, mentre se il mezzo arriva dall’estero bisogna inserire a mano 52 voci diverse. Anche qui l’unica soluzione è rivolgersi a quegli uffici che hanno un carico di lavoro inferiore. Questa situazione vista dall’estero è inconcepibile: i produttori stranieri non riescono a capire come sia possibile. In Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Polonia, solo per citare alcuni paesi, tutto questo non accade”.

La storia del portamoto, ovvero del “portacarichi”

In attesa di trovare soluzioni sensate, bisogna consolarsi con i risultati raggiunti. Così abbiamo chiesto a Bilato come è riuscito a sbloccare la situazione dei portamoto, anzi “portacarichi” come li definisce lui. “Tutti i veicoli di categoria M1/M2 che vengono costruiti secondo le norme europee possono adottare dispositivi posteriori che sostengono dei carichi,” spiega. “La prima direttiva è del 1974, e l’Italia l’ha recepita solo vent’anni dopo. Nel 1998, Fiamma ha realizzato il primo portabiciclette omologato, con tanto di targhetta. Fino a quell’anno i portamoto si potevano montare se accompagnati da una relazione tecnica, ma con una circolare ministeriale si è stabilito che potevano essere montati esclusivamente i dispositivi omologati all’origine dal produttore del veicolo.”
“Quando nel 2008 abbiamo cominciato a mostrare al pubblico i portamoto omologati, ci siamo trovati di fronte a un’importante richiesta,” continua Bilato. “E quindi è nata la necessità di capire meglio la normativa. Per la direttiva europea questi dispositivi non si chiamano ‘portamoto’, che è un termine puramente italiano, ma ‘luggage rack’, ovvero portacarichi, portacose, portabagagli. Al Ministero dei Trasporti ho quindi chiesto di aggiornare una carta di circolazione con uno di questi portacarichi. A fronte del loro diniego ho denunciato la situazione alla Comunità Europea riuscendo così a sbloccare la situazione: da allora tutti i dispositivi omologati come ‘luggage rack’ possono essere liberamente installati.”

Il sistema Remora

La battaglia attuale riguarda invece il sistema Remora: una barra che agganciata alla parte anteriore di un autoveicolo di peso inferiore a 1,6 tonnellate ne consente il traino. Disponibile già da alcuni anni, questo dispositivo è diventato legale a livello europeo proprio grazie all’impegno di Bilato, che ha chiesto e ottenuto l’omologazione in Germania. La base per ottenere questo risultato è il Regolamento 55 del 2006. Diversa la storia italiana, dove dal 2012 si combatte nelle aule di tribunale con alterne fortune. A luglio 2020 è atteso il pronunciamento, si spera definitivo, del Consiglio di Stato. Nel frattempo, carte europee alla mano, il sistema Remora viene regolarmente venduto e installato dalle officine autorizzate a un prezzo che si aggira intorno ai 2.500 euro IVA compresa. Con la documentazione esistente le probabilità di una sanzione sono minime. “In tre anni abbiamo raccolto 14 verbali”, dice Bilato, “di cui tre rigettati e undici in attesa di giudizio. Abbiamo comunque un accordo con i nostri avvocati per offrire la massima assistenza ai nostri clienti facendoci carico degli eventuali ricorsi.”
In attesa di una soluzione definitiva, Bilato è già proiettato verso una nuova battaglia. “La direttiva 126/2006 parla delle patenti ed è stata recepita in Italia nel 2011”, racconta. “L’articolo 6, punto 4, lettera ‘b’ dice che ‘previa consultazione della Commissione, gli Stati membri possono autorizzare sul loro territorio la guida (…) di autoveicoli con una massa massima autorizzata superiore a 3.500 kg da parte di persone di età non inferiore a 21 anni e in possesso da almeno due anni di una patente di guida della categoria B, sempreché tali autoveicoli siano essenzialmente destinati ad essere utilizzati, da fermi, per fini didattici o ricreativi (…)’.” Che cosa questo significhi ce lo lascia immaginare: poter guidare un camper con patente B anche se di peso superiore alle 3,5 tonnellate.